Tra le tradizioni più radicate, nella nostra zona, possiamo annoverare quella dell'uccisione del maiale. In questo caso però, forse è più giusto parlare non tanto solo di tradizione ma più verosimilmente di vero e proprio bisogno. L'allevamento del maiale si faceva per sopperire alla provvista della carne per il periodo autunno-invernale perciò rappresentava una delle più importanti riserve alimentari perchè le carni grazie a tecniche antiche consolidate si conservavano a lungo. Infatti, per tantissimo tempo, il maiale (che pure era allevato con sacrifici), è stata una delle poche fonti di sostentamento per interi nuclei familiari, perciò tutte la parti del maiale ucciso erano adoperate e conservate nei modi più svariati per essere poi consumate per alimentare la famiglia durante tutto l'arco dell'anno.
Nell'alimentazione contadina, il maiale costituiva, insieme al pollame, la principale fonte di proteine animali.
Per assicurare una migliore conservazione delle carni da lavorare, la macellazione del maiale avveniva nel periodo più freddo dell'anno, dicembre e gennaio.
L'uccisione del maiale rappresentava una festa per grandi e piccini e la sera era occasione per riunirsi e fare un pò di baldoria,con balli e canti davanti ad un bicchiere di vino e al fuoco scoppiettante del caminetto. Si compiva in realtà un vero rito, la macellazione e la lavorazione delle carni durava anche due o tre giorni.
Del maiale, in definitiva, non si sprecava nulla: le setole erano utilizzate per fabbricare pennelli, gli ossi venivano bolliti per fare brodo e sugo e la cotica entrava nella preparazione di "coppa" e cotechini. Per il resto, le bistecche e le "costórélle" alla brace, nonché gli zampetti in umido (con i fagioli) li conoscono tutti e i nostri salumi... "parlano" da soli, basta assaggiarli!
Oggi, cerchiamo di tenere viva la memoria di questo importante momento della vita contadina, riproponendo ogni anno, in novembre, la nostra "purselada", cena tipica tutta a base di maiale, che, una volta seguiva la macellazione del suino.
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